Prima esecuzione assoluta dell'ultimo lavoro del composizione romano con il Quartetto Prometeo
Il Quartetto Prometeo è stato il protagonista a Roma di una interessante serata nell'Aula Magna della Sapienza per la stagione dell’Istituzione Universitaria dei Concerti, in cui sono stati messe a confronto tre opere di tre diverse epoche che dimostrano come il ruolo di questa formazione sia ancora centrale nell'invenzione musicale.
Il quartetto d’archi è la formazione considerata perfetta tra gli amanti della musica da camera perché permette con il minimo numero di voci di raggiungere le vette della massima espressività. Dal diciottesimo secolo con Haydn e Boccherini ha poi costituito un genere musicale ben definito con una sua struttura formale e regole canoniche precise. Un aspetto non secondario del suo successo è quello di poter “osservare” i quattro strumenti protagonisti nel procedere del loro dialogo, nelle asprezze di un contrasto, o nella danza degli archi in una fuga dove sembra emergere l’aspetto teatrale dell’esecuzione musicale e ogni ascoltatore diventa anche spettatore.
Tre epoche diverse, formazione sempre attuale
Di Franz Schubert è stato eseguito il Quartetto n.15 in sol maggiore op. 161 D 887, l’ultima composizione di questo tipo del genio viennese, scritta in soli dieci giorni nel 1826 e caratterizzata da una inconsueta lunghezza e da una densità di scrittura che alimentano la suggestione di una possibile eventuale traduzione per grande orchestra. Tutta l’opera sembra procedere incerta, densa di contrasti, con gli strumenti impegnati in un fitto dialogo verso una meta evanescente, mentre l’attesa cantabilità schubertiana si fa rarefatta ed assume tratti drammatici.
Quasi un secolo dopo Alban Berg, allora allievo di Arnold Schonberg, compose il suo Quartetto op. 3. Scritto in soli due movimenti, affrancato dai vincoli della tonalità appare caratterizzato dal rincorrersi ciclico dei temi, con timbri aspri e stranianti ed inattesi richiami tardoromantici che si rifanno al lirismo dell’amato Mahler.
Prima esecuzione assoluta
Il motivo d’interesse centrale della serata è stata la prima esecuzione assoluta di Scénes d’Hérodiade del compositore romano Matteo D’Amico. Si tratta di una composizione per quartetto d’archi ispirato all'incompiuto poema Hérodiade di Stéphane Mallarmé che inizialmente era stato concepito per un destino teatrale. La protagonista, identificata talvolta anche come Salomè, è una figura ossimorica, una contraddizione irrisolvibile tra la sua bellezza algida e la repulsione verso il contatto fisico.
La musica di Matteo D’Amico rende questo carattere ricco di contrasti, le singole voci hanno una loro identità ma i suoni non riescono ad armonizzarsi, l’immagine che ne deriva è una Salomè non risolta, mai pacificata prigioniera delle sue contraddizioni.
Il Quartetto Prometeo ha confermato le attese ed il pubblico lo ha festeggiato con entusiasmo. Grande apprezzamento anche per l’esecuzione dell’opera di Matteo D’Amico, presente in sala ed a lungo applaudito.
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